Con il termine “musica tradizionale italiana” vengono indicate le varie musiche tradizionali della nostra penisola. A causa della storia nazionale dell’Italia, unita solo nel 1861 e divisa per secoli in tanti piccoli Stati, non si è sviluppata una tradizione musicale unica, bensì varie tipologie che a seconda della regione geografica hanno subito le influenze di popoli vicini o delle dominazioni straniere. La musica tradizionale italiana infatti, a diverse latitudini, presenta influenze arabe, africane, celtiche, persiane, venete, latine, e slave.
Nel 1956 Alan Lomax, per ovviare a questa situazione estremamente eterogenea, ha proposto un sistema di classificazione che divide l’Italia in 3 aree geografiche. Al nord la musica tradizionale italiana presenta influenze celtiche e slave, mentre nel sud soprattutto greche, arabe e africane; al centro abbiamo invece un mix di tutti questi elementi.
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La musica popolare nell’Italia settentrionale
Nell’Italia settentrionale a farla da padrone è la cultura agricola montanara, con i suoi balli che accompagnavano tutte le feste e celebrazioni, generalmente uniti ad una coppia di musicisti: uno suonava il piffero, l’altro la fisarmonica.
Il repertorio musicale di queste zone comprende anche melodie e balli tipici della vita contadina, come ad esempio il cantamaggio, la galina grisa, il carlin di maggio, la Santa Croce, il carnevale con la povera donna, la partenza per la leva, il matrimonio con la Sposina, oltre ad alcuni brani che venivano intonati per accompagnare i cortei.
Lo strumento principale della zona è il piffero, composto di tre parti: bocchetta, canna e padiglione. Generalmente lo strumento era costruito in bosso o in ebano.
Il trallallero
La zona portuale di Genova diventa invece la culla del trallero, un canto polifonico a 5 voci, di cui una imita il suono della chitarra.
Il trallallero è praticato da gruppi esclusivamente vocali e maschili (con rarissime eccezioni), che imitano un insieme di sonorità vocali e strumentali molto variegato. Così oltre alla voce che interpreta la melodia principale, ci sono quelle con ruolo di accompagnamento, creando uno stile musicale polifonico e con un tessuto ritmico e melodico molto ricco. I testi sono generalmente in dialetto genovese e il linguaggio è popolare, in omaggio alle sue origini vicine agli ambienti marinari.
La musica popolare nell’Italia Centrale
Nell’Italia centrale, soprattutto in Toscana, Lazio e Abruzzo, si diffondono a partire dal medioevo le poesie cantate con ottava rima. Questa, indicata anche semplicemente come “ottava” era spesso utilizzata dai poeti per le loro improvvisazioni ed esistevano delle vere e proprie gare con composizioni di rime improvvisate. Due tipici esempi sono gli “Incontri di poesia estemporanea” di Ribolla (Grosseto) e il Festival regionale di canto a braccio di Borbona (Rieti). In Toscana e nel Lazio la forma più comune erano il rispetto e lo strambotto, due forme metriche molto simili allo stornello.
Il ballo tradizionale dell’Italia centrale era invece il Saltarello, che a sua volta presentava molte varianti locali. Si tratta di una danza di coppia generalmente in ¾ o 6/8.
La musica popolare nell’Italia meridionale
L’Italia meridionale è la zona del Paese in cui la tradizione musicale popolare si è sviluppata in modo più ricco e anche quella in cui tali tradizioni sono state meglio conservate fino ai giorni nostri.
Il ballo tradizionale più conosciuto è sicuramente la Tarantella, eseguito ancora oggi praticamente in tutte le regioni del sud Italia nelle sue numerose varianti: Pizzica, Taranta, tarantella calabrese e tarantella siciliana.
La Tarantella
Con il termine generico di tarantella vengono definite molte delle melodie tradizionali del sud Italia e le rispettive danze. Ad accomunare i diversi tipi è il ritmo veloce e le metriche generalmente in 6/8, 12/8 o 4/4.
Le prime fonti di questo ballo risalgono ai primi anni del XVII secolo in Puglia. Nel XIX secolo la tarantella è diventata uno dei simboli del Regno delle Due Sicilie, sostituendo molte delle danze e delle musiche tradizionali preesistenti, acquisendo grande popolarità anche all’estero. Questo spiega perché oggi molti balli popolari vengono definiti genericamente “tarantella”.
Secondo numerosi studiosi il nome “tarantella” deriverebbe da “taranta”, il termine dialettale con cui nelle regioni del sud indicavano la tarantola, ragno velenoso piuttosto diffuso: il suo morso, secondo la tradizione popolare, provocava tra i vari effetti anche un eccessivo dinamismo, convulsioni e agitazione.
Sempre secondo la tradizione, chi veniva morso dalla tarantola (ma anche da altri insetti velenosi), soprattutto durante le celebrazioni dedicate ai santi Pietro e Paolo, poteva trarre giovamento attraverso la danza forsennata (simile ai movimenti di un tarantolato), che avrebbe provocato l’espulsione del veleno attraverso il sudore.
Questo fenomeno, che prese il nome di “tarantismo”, spiegherebbe oltre al nome anche il particolare rapporto tra la tarantella e le celebrazioni religiose e popolari.
La Pizzica
La Pizzica è un particolare tipo di danza della famiglia delle tarantelle, originaria del Salento, dove ancora oggi è piuttosto diffusa.
La Pizzica nasce come danza ludica praticata in occasioni di festa, ma è documentato anche il suo utilizzo nei già visti rituali per curare chi era stato morso dalla tarantola o altri insetti velenosi.
Gli strumenti principali che accompagnavano la danza erano il violino e il tamburello, mentre verso la fine dell’Ottocento sono stati introdotti sempre più di frequente la fisarmonica e l’organetto.
Oggi, scomparso il fenomeno del tarantismo, questi balli hanno conservato salde radici e sono numerosi i gruppi musicali che le hanno riproposte anche in chiave più moderna.